A questo punto suppongo che manchi solo la mia inutile voce al dibattito sull’Unità d’Italia. Presumo anche che le mie parole possano non piacere a tanti, a troppi, ma per me questa celebrazione ha il sapore della morte e della nera disperazione di un intero popolo.
Come forse qualche poveraccio saprà, ai tempi in cui s’è fatta questa famosa unitàditalia la Sardegna era già annessa da un bel pezzo: qua non c’è stato nessun Garibaldi se non di passaggio, i mille non si sono visti manco col binocolo e gli unici da cui volevamo essere liberati, guarda caso, erano proprio i borghesi savoiardi. Eravamo infatti già da diverso tempo una colonia dei SaBoia che per prima cosa avevano deforestato tutta l’isola per costruire le Ferrovie Regie (con la conseguente inarrestabile desertificazione oggi ben visibile) e successivamente con la solita scusa di far uscire noi caproni dal feudalesimo importarono quella grande invenzione chiamata proprietà privata fino ad allora sconosciuta nella mia terra (questi sardi avevano pure pretese da comunisti, poveri stronzi).
Con il famoso”editto delle chiudende” del 1820 infatti i grandi latifondisti si recintarono tutto tranne che l’aria che purtroppo non era privatizzabile e rimase a disposizione anche dei poveri. I tanti moti popolari insurrezionali per il ritorno all’antico sistema di collettivizzazione delle terre furono ovviamente repressi nel sangue, inoltre grazie alla legge contro il feudalesimo del ’31 i diritti dei feudatari furono aboliti e affinchè mantenessero i privilegi l’imposta fondiaria ai contadini fu aumentata al punto che i poveri che ancora respiravano subirono espropri e furono ridotti allo stremo.
Già nel ’47 si realizzò la fusione giuridica tra Sardegna e Piemonte che quella borghesia e nobiltà ex feudale non vedeva l’ora si realizzasse con incredibili possibilità di arricchimento grazie anche ai nuovi orizzonti che si profilavano con gli ideali dell’unitàditalia. Ma infatti PER FORTUNA che quest’ultima è stata realizzata, giusto in tempo per farci sentire meno soli nello sfruttamento; purtroppo però alcune fasce della popolazione, in particolare la stragrande maggioranza che era rimasta senza nulla e non sapeva di che vivere, resisteva e andava a formare quel fenomeno chiamato “banditismo” del resto ampiamente foraggiato e supportato da tutti e da tutte fino a tempi molto recenti.
Infatti è grazie all’unificazione con il resto dei miserabili d’Italia che i padroni hanno deciso di fare le guerre per poterci irreggimentare tutti: chi non aveva di che mangiare crepando nelle miniere sarde di proprietà straniera si arruolava e se era fortunato e non si faceva ammazzare al fronte riusciva pure a scroccare il rancio del soldato. Addirittura furono creati dei battaglioni appositi per i poveracci sardi, roba tipo “Granatieri di Sardegna” o “Brigata Sassari” per farli sentire meno carne da macello e più partecipi delle sorti di una patria che non era la loro.
(Nel frattempo un anarchico di nome Gaetano Bresci ebbe la pessima idea di uccidere quel galantuomo di Umberto I, con sommo dispiacere della popolazione sarda che amava molto i Savoia e di cui è rimasto tutt’oggi un buon ricordo: dalle mie parti infatti la parola “boia” è tradotto con “buzzinu”la cui etimologia è da ricercare nel nome di Giovanni Battista Lorenzo Bogino.)
E mentre la repressione nell’isola si compiva le idee sardiste e federaliste ma anche anarchiche, socialiste e marxiste si propagavano tra la popolazione: personaggi come Lussu furono solo la parte più conosciuta dell’antifascismo isolano e ben fecero ad opporsi tant’è che il ventennio di Mussolini rinnovò la condizione coloniale dell’isola soprattutto dal punto di vista della depredazione delle materie prime e umane.
Ma è stato soprattutto dopo la seconda guerra e con l’avvento della repubblica che la mia isola ha conosciuto il periodo più fiorente: non sapendo che fare di questo territorio in mezzo al mare né dei suoi schifosi abitanti giustamente ci è stato fatto pagare il prezzo della servitù militare: 35 mila ettari tra basi Nato, poligoni di tiro e aeroporti militari con conseguente spopolamento delle zone colpite, aumento delle incidenze tumorali e delle morti fino ai livelli di Chernobyl.
Le rivolte a questo stato di cose sono passate per lo più sotto silenzio (vedi rivolta di Pratobello) così come anche la ribellione decennale e a tutt’oggi confermata, sempre nel centro dell’isola, alla costituzione dei famosi parchi nazionali in territori già protetti da millenni e in cui l’essere umano FA PARTE della natura, idea originale affinchè la popolazione infine si suicidasse in massa e la smettesse di esistere ancora.
La ciliegina sulla torta è stato l’omicidio dell’economia isolana basata da secoli sulla pastorizia, cosa nella quale non era riuscito mai nessuno prima dello Stato Italiano (complimenti vivissimi). Oltretutto è stata importata l’industria chimica, un’altra idea geniale, visti i costi di trasporto da e per l’isola che ha dato i suoi tanti numerosi frutti nel corso dei decenni.
Invece, purtroppo e contrariamente alle previsioni, siamo rimasti in 4 gatti ma ancora respiriamo, sembra incredibile ma siamo vivi! Adesso pare che ci vogliano far fuori col nucleare, ma ogni giorno c’è una novità dai colonizzatori e nessuno si stupisce più di nulla.
Del resto festeggiare questi 150 anni di unitàditalia ci viene spontaneo e naturale, ci sgorga proprio dal Quore: l’intera storia, cultura, lingua dell’isola non ha veramente NULLA a che vedere con il resto della penisola, ma neppure la più piccola briciola. Ma tanto ha poca importanza, tutto quello che caratterizza la nostra identità è stato sempre minimizzato, indebolito e nascosto volontariamente per tenerci sotto il giogo, le hanno tentate proprio tutte, perfino occultando i ritrovamenti archeologici o facendoci vergognare per la nostra ricchezza etnica, linguistica e le nostre tradizioni.
Ogni volta che si parla di indipendentismo in Sardegna poi son grasse risate, del resto basterebbe pensare all’Irlanda o a Malta che sono sempre isole ma se la cavano bene per cambiare idea..ma forse abbiamo ancora qualcosa (dicesi turismo di massa) per cui essere ancora spremuti e perseguitati. Il giorno in cui mancherà anche quello chi lo sa, potremmo forse tornare liberi di essere noi stessi e decidere per conto nostro, potremmo uscire da quello che anche una persona non sarda ma lungimirante come De Andrè aveva chiamato “riserva indiana”, riconoscendoci la stessa identica oppressione di popoli più lontani.
Non mi interessa assolutamente niente né dei leghisti (chi sono?) né dei meridionalisti né dei discorsi sull’unità dei popoli. Per dirla in breve: Carlo Pisacane mi fa un bidet, ma non perché io non abbia rispetto per la sua persona morta e sepolta né per le sue idee ma perché gli eroi non mi piacciono minimamente e sono stanca dei fan di questo e quell’altro, Che Guevara o Bakunin inclusi. Io non tifo per nessuno, non organizzo squadre e non indosso uniformi né etichette, a me i discorsi sulla liberazione da esportare o importare non sono mai piaciuti, ognuno sceglie per sé e se non la cosa non aggrada la soluzione è sticazzi.
Qua non si tratta di scegliere tra Spagnoli o Savoiardi nè tra feudalesimo o borghesia e neppure tra Stato e anarchia e tra orgoglio nazionalista o universalismo; il discorso non è affatto questo. Qua manca, è sempre mancato un diritto fondamentale: quello all’autodeterminazione di un popolo nelle sue infinite varianti regionali, linguistiche ed etniche. Un diritto che è sempre stato negato, misconosciuto e calpestato con l’intento di non farlo conoscere e soffocarlo per sempre.
Nessuno si spaventi quindi se molte persone nell’isola non saranno entusiaste all’idea di festeggiare l’unitàditalia ed anzi si sentiranno oltraggiate da questa festa che ancora una volta, per l’ennesima volta, ricopre la storia di una vergognosa colonizzazione con gli inni e le parate di baionette. Perchè come si dice dalle mie parti “Sardinna no est Italia“, la Sardegna non è l’Italia.