Il fichismo

E’ da un po’ di tempo che pensavo di scrivere qualcosa sul fichismo, e no, non sono impazzita, è un neologismo che ho coniato di recente e di cui non ho trovato finora un valido sinonimo. Forse “femminismo genitale”? Chissà.

Il fichismo è un movimento e un fenomeno peculiare italiano assolutamente trasversale alle correnti politiche che ormai si trova in quasi tutti i ghetti rosa dei media mainstream strombazzato all’ennesima potenza.

L’argomento principale del fichismo è ovviamente la fica. Nato in contrapposizione e/o sulle ceneri del berlusconismo si occupa in maniera prevalente di corpo ma soprattutto di organi genitali. Tutto ciò che ha a che fare con la fica, dalla riproduzione all’aborto alla libera sessualità alla prostituzione è stato ingurgitato dal fichismo, digerito e vomitato in una maniera antifemminista e antirivoluzionaria.

D’altro canto tutti i femminismi italiani sono dovuti scendere a patti col fichismo; fagocitati e triturati da più di vent’anni di berlusconismo si sono trovati, loro malgrado, ad avere a che fare col famoso “uso strumentale del corpo femminile” mentre l’opinione pubblica subiva più o meno manipolate e cicliche indignazioni sfociate poi nella manifestazione del 13 febbraio 2011 “sull’onda dello scandalo sessuale bunga bunga” che ha visto scendere in piazza diversi milioni di persone.

Dopo decenni di discussione su questo tema ormai resta pochissimo dibattito femminista in Italia, completamente sovrastato dal fichismo e da discorsi che ruotano attorno ai genitali.

Accantonata quindi l’autocoscienza e il separatismo come pratiche vetuste ma anche l’emancipazione, i diritti, l’autodeterminazione, la libertà e soprattutto la scelta femminista della militanza attiva e l’interpretazione del femminismo come movimento sociale e rivoluzionario resta ormai una voce sola: quella del fichismo, che censura e azzittisce tutti i femminismi. Le nuove generazioni, purtroppo, hanno avuto modo di conoscere e interpretare il femminismo solo da un’ottica fichista e probabilmente buona parte delle persone più giovani interpreta il femminismo come fichismo.

Da una parte del fichismo riconosciamo le “moraliste” molto in voga nella sinistra democratica e nell’estrema sinistra che in realtà racchiudono molti filoni di intervento e diverse correnti. Esistono infatti gli/le abolizioniste della prostituzione che possono essere femministe radicali o di Stato, esistono le democratiche come Laura Boldrini che incarnano il femminismo istituzionale contrario ad ogni tipo di strumentalizzazione dei corpi, esiste l’Udi che da anni e anni fa campagne contro il sessismo, esiste (o esisteva) SNOQ che ha indetto la famosa manifestazione a favore di una non ben precisata “dignità” delle donne ecc ecc. Alcuni/e ritengono che anche il lavoro di Lorella Zanardo nelle scuole e il documentario “Il corpo delle donne” manifesto-denuncia del sistema maschilista italiano rientri in questo gruppo dalle molte varietà e divergenze.

Dall’altra parte del fichismo troviamo coloro che si autodefiniscono “libertarie” dove il libertarismo coincide spesso e volentieri con l’anarcocapitalismo, dove l’autodeterminazione si trasforma nella libertà di disporre del proprio corpo come si vuole e quando si vuole in maniera neoliberista, a favore della pornografia e della prostituzione senza distinzioni o analisi sussumendo e traendo linfa vitale da discorsi femministi e rivoluzionari sulla libera sessualità (ad es. la postpornografia femminista). Le “libertarie” hanno coniato una nuova lingua in cui i neologismi che la fanno da padrona (talebanfemministe, inquisitrici) sono da riferirsi quasi sempre all’indirizzo delle “moraliste” intese come i movimenti femministi nella loro interezza da cui le libertarie si sarebbero staccate. Le libertarie possono essere di tutti gli schieramenti politici ma più spesso le riconosciamo nella destra berlusconiana anche se tendono a collaborare tra loro a prescindere dagli schieramenti in nome di una presunta battaglia contro il bigottismo. Un esempio recentissimo è quello di Annalisa Chirico, autrice di “Siamo tutti puttane” berlusconiana autodefinitasi “libertaria” che promuove il proprio libro sui media e sui social in compagnia della responsabile della comunicazione lista Tsipras (di sinistra) Paola Bacchiddu.

Entrambi i tipi di fichismo, pur di restare immersi nel femminismo usano temi cari alle femministe ma sempre e comunque gravitanti attorno al discorso sessuale e/o riproduttivo come la legge 194 e la scelta della maternità o dell’aborto decisi dallo Stato e invece totalmente sviscerati dalla questione legalitaria e trasformati nella sola autodeterminazione. Ma è soprattutto il mai superato e cirscoscritto scoglio della prostituzione in cui il conflitto tra genere, classe e razza pone vari interrogativi difficili da dirimere a tenere banco e ad animare il conflitto tra gli schieramenti fichisti contrapposti.

Così mentre i femminismi continuano a lavorare dal basso e ad occuparsi di genere nella sua complessità, dal lavoro all’emancipazione dal sistema alla salute alla violenza di genere all’ottenimento di diritti il fichismo censura e invisibilizza qualunque discussione non ruoti attorno alla sessualità alternando il dibattito tra madri puritane salvatrici della patria e la libertà di spompinare senza essere giudicate.

“Né puttane né madonne” urlavano le femministe nelle piazze: in attesa che l’incubo del fichismo abbia fine spazzato da aria nuova e da nuovi femminismi di più ampio respiro non resta che recitarlo come una preghiera e mentre segnalo il mail bombing de Le Amazzoni Furiose (che ci riguarda TUTTE senza distinzioni) ricordo che esistono precise responsabilità in questa invisibilizzazione dei femminismi che, seppur presenti nei territori, continuano ad essere violentemente censurati. Il personale è politico non è un’opinione da usare o meno a seconda della convenienza: per alcune è pratica di vita.

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