25 novembre: nostalgia canaglia.


Era il 24 novembre 2007. Eravamo a Roma. Eravamo 100.000.

Ovviamente pioveva, ma come in tutte le manifestazioni a cui  ho partecipato io, tant’è che mi ricordo di un famoso 8 marzo in cui ero a letto con la febbre e le sorelle mi hanno chiamano ridendo per dirmi che c’era un gran sole, causa mia assenza (come si evince me la sono legata al dito).

Quel giorno di novembre ho visto veramente di tutto, e successivamente c’è stata anche tanta polemica per un solo particolare: le solite note e ignote che cercavano pubblicità e l’hanno avuta.

Ho visto donne di tanti colori, da tutto il paese e anche da tutto il mondo. Ho visto ragazze , mamme e nonne che percorrevano il corteo all’incontrario con le lacrime agli occhi per l’emozione. Ho visto bambine e bambini, uomini strambi e colorati. Ho visto unità e separatismi, ho visto tanta tanta voglia di stare insieme, lo stupore di ritrovarsi e di contarsi, la gioia di potersi esprimere in libertà. Ho visto orgoglio omosessuale, diversità esibite, generazioni a confronto e mentre reggevo lo striscione ho visto anche i soliti fascistelli infiltrati che sembravano cacchine di capra in un prato fiorito.

La finisco qui con l’Amarcord prima di arrivare al grunge anni ’90 perchè quella manifestazione non siamo più riuscite a replicarla e me ne dispiace, non voglio fare polemiche ma le donne spesso hanno dei tempi TROPPO biblici e io non sono Matusalemme, quantomeno non ancora (confido sempre nel potere dell’autosuggestione).

Eppure ce ne sarebbe veramente bisogno.

Basta leggere Bollettino di guerra o ascoltare i racconti delle altre sorelle per sapere che la violenza sulle donne non accenna a diminuire, anzi, diremmo piuttosto il contrario.

Ho amiche che hanno subito molestie all’università o sul posto di lavoro, maltrattamenti dal compagno, vessazioni di ogni tipo per il solo fatto di essere donne, perfino licenziamenti a causa della maternità.

Perchè non ci possiamo limitare allo stupro e al femminicidio quando parliamo di violenza sulle donne, questo in cui siamo inseriti è un sistema profondamente malato che sfoga sui soggetti cosiddetti “deboli” e sul genere femminile tutta la sua violenza partendo da un sostrato culturale che già di per se è patriarcale.

Ci sarebbe bisogno di organizzarsi e mobilizzarsi in tempi come questi, dove gli omicidi e le violenze sulle donne diventano mediatici solo se fa comodo, dove vengono attaccati i consultori e la libera scelta delle donne, dove si strombazza la legge antistalking ma nel frattempo si fanno chiudere le case d’accoglienza, dove i soldi per le pari opportunità spariscono e il sessismo impera ovunque e a tutti i livelli.

Perchè è di questo che parliamo principalmente, della volontà e del desiderio di cambiare la società, la nostra, dominata dal berlusconismo più becero ma non solo da 14 anni come si vuol far credere, il lavaggio del cervello è partito molto molto tempo prima.

Si dice che questo governo cadrà molto presto, per noi non ha importanza, perchè l’oggettizzazione della figura femminile c’era prima che Berlusconi prendesse il potere e ci sarà anche dopo. Per poter distruggere questo sistema di cose non basterà un governo nuovo, ma servirà combattere ancora e ancora questi modelli sbagliati: lo stupro spacciato per sesso, il carrierismo confuso con il lavoro, il tettaculismo come realizzazione di sé.

Avremmo bisogno di ritrovarci tutte/i insieme in piazza, riunire in un unico grande corteo tutti i flescmòb e gli eventi feisbucchiani, farci vedere e sentire, contarci, annusarci, sentirci come forza e come movimento. Non voglio recriminare sul fatto che questo 25 novembre poteva essere la giusta occasione per farlo.

Ci sono state, ci sono e ci saranno ancora tantissime idee e progetti che ci riguardano in questi giorni. Questa iniziativa, ad esempio, viene dritta dalle sorelle di Femminismo a Sud, la sostengo e la condivido come una piccola parte di quella rete solidale delle donne femministe e disertori che vivo tutti i giorni e che ormai è una realtà meravigliosa.

In attesa, e spero che non sarà troppo lunga, di scendere in quella grande piazza di cui farneticavo, perchè siamo noi stesse le prime ad avere bisogno di noi, a cercare la sorellanza e praticarla, sostenerci a vicenda, condividere e condividersi, rispecchiarsi nell’altra e vedersi nei propri sogni e bisogni, desiderare l’unità nella differenza.

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