Siamo tanti nella sala d’aspetto, talmente tanti che non ci stiamo più, molti attendono per strada ormai, in fila per il loro turno. I passanti ci osservano mentre stiamo ad aspettare ma non si uniscono a noi, tirano dritti mentre inseguono le loro vite.
Siamo davvero tanti. Solo dieci anni fa sarebbe stato impossibile anche immaginare di riempire questa sala, attraversata da qualche sparuto viandante che sognava, preso dal suo miraggio, una fine che non sarebbe mai arrivata: ora, la sala gremita, la fine dell’attesa sembra vicina, vicinissima, e nel frattempo si interagisce.
“Itte tenes tue?”Che cos’hai.
Chi dice un tumore, chi il marito morto, chi la terra avvelenata, chi la vita espropriata, rubata, fallita. E mentre si aspetta insieme, insieme si cresce e si trovano basi comuni.
Il NO vola veloce ormai, sulle cime delle sughere, sui fiori dell’asfodelo, sui muri delle case, si contagia e si propaga con il vento. Appeso a sogni inenarrabili, foriero di aspettative, il NO è il limite a cui si affaccia gente come me che sta qui invece in attesa di un prossimo passo, più propositivo, più realistico.
Seminando conflitti, temo come tutti gli altri il momento in cui si accorgeranno di noi, stupiti, meravigliati di tante presenze. Temo il momento in cui ci faranno del male.
Alcune volte pare che basterebbe un solo fiammifero ad incendiare la sala, altre volte ci rassegniamo con pazienza all’attesa e a me sembra di vederla là, la fine, alla svolta di quell’angolo, in fondo alle paure e alle speranze di tutte queste persone che riempiono questo spazio.
Quanti saremo? Non riesco più a contare, i numeri e i sogni volano come mosche nell’aria satura: aspettiamo ancora, e ancora. Siamo qui per questo.
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Una cosa è certa. Ce la giocheremo fino in fondo. I tempi stanno maturando, mia cara, stanno maturando lentamente, molto lentamente, ma in un modo inesorabile. Bisogna solo insistere e godere di quel No che sedimenta comunanze. Dopo anni di ignavia e puttanieri, mi sembra già una gran cosa, un nuovo inizio che si annuncia.
P.S.: parte del captcha, qui sotto, è “fighbo”. Sto ridendo da solo come un imbecille.