C’era una volta il web due punto boh.
Sarà stato il 2009, la rete sembrava lo stesso far west di oggi ma più incerto, più avventuroso, meno definito: i socialnet erano in piena espansione e a parte qualche scafato delle mailing list, una grande massa di persone cominciava ad avere una vita sociale virtuale proprio in quel momento.
Le femministe in rete non erano tantissime (ora sono molte di più fortunatamente): alcune che avevano capito le potenzialità del web lo frequentavano da anni in maniera spericolata. C’erano le singole blogger, le pioniere di facebook, le mediattiviste.
Poi c’erano i fortini assediati (blog e siti), e assedio è la parola giusta: da quando una donna mediamente autodeterminata comincia a navigare e ad esprimersi in rete l’assedio è garantito, sicuro al 100%. Io che gestivo pagine facebook con altre ricevevo minacce di morte, sodomia, stupro, violenze varie ed eventuali, molestie sessuali, come nulla fosse. Era cosa risaputa, lo sapeva anche la più svampita tra di noi che esisteva il cyberstalking, che i sessisti si aggiravano come squali e segnalavano profili, persone, clonavano blog, siti di donne, era una grande ovvietà per noi femministe. I maschilisti erano (e sono tuttora) particolarmente violenti, si riunivano in branco e facevano strage di qualunque cosa riguardasse il femminismo: li si poteva trovare indifferentemente su Indymedia intenti a linkare articoli a favore della PAS o ad attaccare in massa le pagine antiviolenza di note deputate piddine (quella che “ommioddio mi hanno affossato la pagina, mandatemi materiale su questi cyberstalker, la cosa è grave, la porto in parlamento” e poi non ha mai alzato un dito, ma questa è un’altra storia)
Vagando nel web mi imbatto in Giovanni Pili e nel suo sito ed è subito amicizia: Giovanni è sufficientemente pazzoide da volerci dare subito una mano a diffondere notizie sulla misoginia nel web e a far conoscere questo fenomeno sconosciuto a buona parte delle persone digiune da discorsi di genere. Il risultato nel corso degli anni è una collaborazione tra me e lui: è del 2010 la pubblicazione di questo articolo di Ladyradio; da allora molti miei articoli sul femminismo si sono intrecciati ai suoi e di altri/e.
Una decina di giorni fa vengo a sapere che Laura Boldrini, la stessa che oggi tuona sulla misoginia nel web dalle colonne di RePubica (quel giornale online infarcito di donnine nude per intenderci), ha censurato un articolo di Giovanni, ha mandato poliziotti a casa di giornalisti, ha fatto partire denunce. La colpa del mio amico Giovanni è di aver smascherato la bufala sull’immagine della finta Boldrini nuda, di aver preso le sue difese e di aver indicato i responsabili dell’ennesimo tentativo di danneggiare una donna. Questa censura ad opera di Boldrini è roba da analfabeti digitali, da guerra preventiva nei confronti di uno strumento che si disconosce e si preferisce ormai da troppo tempo continuare ad ignorare: internet.
Lo stesso strumento che in questo preciso istante, dopo le parole della presidente della camera, veleggia al centro delle stesse sterili polemiche di sempre, le polemiche degli idioti finti libertari che difendono questa grande meraviglia della rete, ossia la possibilità o meno di scrivere cazzate ovunque, di minacciare, compiere reati digitali in nome di una presunta “libbbertà del webbe” dove il massimo della libertà è utilizzare piattaforme ben servite da multinazionali e apporre il loro like su facebook o in altri sistemi già dati.
Ovviamente poco importa a questi paladini della rete che esistano fenomeni come lo squadrismo o il cyberstalking, non gliene potrebbe fregare di meno: “anch’io ho ricevuto minacce”, affermano quasi con baldanza facendo la figura di quelli che ad un convegno sulla fame nel mondo si lamentano per il paninetto che hanno mangiato a pranzo. E con questo ragionamento della censura che starebbe lì lì per arrivare spostano sempre il problema che guardacaso, ricasca sempre sulle vittime. Del resto, perchè sollevarlo il problema, chi se ne frega, possiamo farne tranquillamente a meno come abbiamo fatto finora: Boldrini si è sfogata, prima o poi faranno una legge che a noi povere mortali non servirà a nulla, la cultura e l’informazione continueranno ad essere sempre la stessa merda e andremo avanti così.
Non ci servono leggi, non ci serve la repressione. Non ci serve la stupida difesa a oltranza di uno strumento non libero, non ci serve la convinzione di salvare il mondo con un tweet o un click.
C’era un volta il web due punto boh e c’è ancora. Quello che manca è la testa per utilizzare questo strumento, la nostra testa.