“Nuoro non era che un nido di corvi, eppure era, come e più della Gallia, divisa in tre parti.”
“La gente di Nuoro sembra un corpo di guardia di un castello malfamato: cupi, chiusi, uomini e donne, in costume severo, che cede appena quanto basta alla lusinga del colore, l’occhio vigile per l’offesa e per la difesa, smodati nel bere e nel mangiare, intelligenti e infidi.”
“In fondo che cosa occorre alla donna, se vogliamo essere sinceri in un tempo come questo in cui è così difficile esserlo? Nient’altro che l’amore, e la capacità di amare. Tutto il resto vi sarà dato in soprammercato, diceva quel libriccino che qualche volta apriva, alla Messa.”
“Così come può darsi che la ragione sia un’altra, più generale e più profonda, ed è che in Sardegna la donna non esiste. E mi spiego. In Sardegna non esiste la gelosia, non esistono i delitti d’onore, come li chiamano, non esiste nulla. A differenza che nel resto del meridione, e anche in tanti altri paesi, la donna non segue a piedi il marito a cavalcioni sull’asino quando scendono al poderetto, va sul carro con lui, e quando tornano per le strade erte, e i buoi mugghiano sotto il carico, la donna sta sul carro, ed è il marito che scende e fatica più dei buoi. A casa governa le masserizie, comanda alle serve ed anche ai servi, custodisce le chiavi, e vende alla spicciolata i prodotti, ma non appare mai quando ci sono ospiti, neppure se sono amici di posata.”
“Il motivo è che, come dicevo, la donna non esiste. Per il sardo, parlo del sardo di allora, s’intende, prima che fosse un semplice inquilino di un’isola, com’è adesso, la donna, la moglie era come l’oggetto di un culto silenzioso, esposto alle vicende della vita, strumento delle esigenze della vita, e quindi anche delle esigenze del marito e della famiglia, ma come rarefatta, esterna a quello che è il dominio dell’uomo, cioè al governo del piccolo stato familiare. In questo governo non poteva né doveva entrare, più di quanto non possa entrare la regina nel governo del re. Non è da escludere che ci fosse un complesso di inferiorità del marito, in tutta questa costruzione; certo è che le cose stavano così, naturalmente: ancora una volta, insomma, quel che fa il padrone è ben fatto. Se con ciò si vuol pensare che la moglie era una schiava, allora è schiava anche la regina: e del resto la differenza tra la regina e la schiava corre sul filo del rasoio.”
“Nella notte profonda, Nuoro si estendeva percorsa da un vento gelido. Rotolava lontano un carro sul selciato. Non una voce. Due carabinieri in pattuglia, rigidi e annoiati, venivano su per il corso. Faceva quasi paura.”*
*Tutti i passi sono tratti da “Il giorno del giudizio” di Salvatore Satta. Post ideato, creato, prodotto e condiviso dalla zia Jo e da Moju Manuli
Grazie Gilda!! Grazie mille anche per la segnalazione, ricambio l’abbraccio 🙂
ciao JO!
bello anche questo attacchinaggio!
fuori tema: ti segnalo l’articolo di B.Wagner “La questione sarda. La sfida del’alterità” sul numero 349 di AUT AUT, consigliato da una vicina su Anobii (qui la sua recensione: http://www.anobii.com/books/Aut_Aut_n_349/0162fdf1569932d7dc/)
non l’ho letto ma ho pensato che magari ti poteva interessare dargli un’occhiata.
un abbraccio grande