E la ministra disse “choosy” e tutti eseguirono.
Tutta d’un tratto ci fu la rivolta: nel web è facile che si prenda subito fuoco e partì immediatamente la sfida a chi aveva il curriculum più fitto e guarda quante cose hanno fatto queste persone e quanto si sono inchinate a fare lavori umili, sempre più umili, sempre meno choosy.
Perchè è importante spiegare a una tizia che non ti rappresenta un cazzo che non è mica come dice lei, lei-proprio-lei che non va mica alle poste a pagare le bollette e non fa la spesa al supermercato. Però tu quelle cose gliele devi dire lo stesso perchè sennò ti senti male quindi per dimostrare che in realtà tu non sei tanto sbagliato (mica lei, no, tu) ecco il tuo curriculum piazzato in rete ed è una gara a chi ha fatto le cose meno choosy, le più terra terra, ed è la prova che ci facciamo perfino calpestare nei nostri diritti basilari per dimostrare a gente a cui non gliene può fregare di meno che non siamo affatto come pensano loro.
Immagini disgustose di persone in competizione per stabilire chi ha raccolto più merda e subito più umiliazioni, espressioni di odio sociale nei confronti di chi invece si sottrae a questo sistema volontariamente: invece di essere contenti dell’esistenza di persone che non hanno nessuna intenzione di rubare il vostro lavoro precario vi danno perfino fastidio.
Il lavoro nobilita l’uomo, si dice, ma io al vostro posto non ci scommetterei.
Non avrei potuto dire meglio. Anche io sono scandalizzata da questa corsa a dimostrare di non essere schizzinosi e selettivi. Invece bisogna esserlo, perché non è normale un paese che manda un biologo a lavorare al McDonald. E di questa cosa, dovrebbe essere, per primo, un ministro a vergognarsi.